Bergamini e la scalata al Khan Tengri; il coraggio di rinunciare

Bergamini e la scalata al Khan Tengri; il coraggio di rinunciare

Guido Casotti

di Guido Casotti

ALPINISMO - Si è conclusa la spedizione alpinistica del lucchese Riccardo Bergamini sul monte Khan Tengri, la vetta più settentrionale della catena dell'Himalaya di oltre 7000 metri, situata tra Kirghizstan, Cina e Kazakistan. Le avverse e troppo rischiose condizioni meteo hanno indotto il 48enne alpinista lucchese a rinunciare alla scalata. Ma come suol dirsi, non finisce qui.

Talvolta nella vita il coraggio più grande è quello di saper rinunciare. Ne sa qualcosa Riccardo Bergamini, veterano e magnifico interprete delle scalate sulla catena dell’Himalaya, profondo conoscitore di tanti angoli remoti sul “tetto del mondo”. L’alpinista lucchese era partito dall’Italia lo scorso 19 luglio per una scalata tanto ambiziosa, quanto tecnica e difficile su una montagna, il Khan Tengri, che difficilmente si concede, considerando anche le sue complesse condizioni meteo. Raggiunto il Kirghizstan, si è unito ad un gruppo di alpinisti russi per salire la montagna insieme. Durante la fase di acclimatazione ha scalato il Peak Chapayev North, una montagna di 6150 metri. Dopo quest’ultima bella salita e qualche giorno di riposo al campo base è iniziata l’ascesa alla montagna che sfortunatamente, a causa del fortissimo vento e di condizioni metereologiche pessime, si è conclusa a circa 6800 metri d’altitudine senza che fosse possibile raggiungere la vetta di 7010 metri. Piccole formiche di fronte ad enormi cattedrali di neve e di ghiaccio. Umiltà e capacità di saper decidere la cosa giusta. Da notare che durante il periodo di scalata, un alpinista russo è morto travolto da una valanga. Chiaro che la storia delle spedizioni di Riccardo Bergamini e della sua incalcolabile passione per la montagna non finisce qui. L’alpinista ha già tanta voglia e idee per il futuro. Magari, chissà,  di riprovarci con lo stesso Khan Tengri.