Antonio Tajani: “Non cambia la posizione dell’Italia in Medio Oriente”

Antonio Tajani: “Non cambia la posizione dell’Italia in Medio Oriente”

Redazione

di Redazione

LUCCA - In visita alla mostra "Ri-conoscere le mura", allestita nel sottorraneo del baluardo di Santa Croce, il leader di Forza Italia ha ribadito le priorità del Governo di Giorgia Meloni per quanto concerne la delicata situazione mediorientale.

La situazione in Medio Oriente si fa sempre più incandescente, ma la posizione dell’Italia resta la stessa: lavorare per la pace, il cessate il fuoco a Gaza e la liberazione degli ostaggi in mano alle milizie di Hamas. A dirlo è il vice-premier e Ministro dell’Estero Antonio Tajani, prima di visitare la mostra “Ri-conoscere le mura”, allestita nel sottorraneo del baluardo di Santa Croce, insieme alla deputata di Forza Italia Deborah Bergamini, al sindaco di Lucca Mario Pardini e all’assessore Remo Santini.

“La posizione dell’Italia è sempre la stessa – ha commentato il leader di Forza Italia -, noi lavoriamo per la pace perché ci sia un cessate il fuoco a Gaza, ci sia la liberazione degli ostaggi e si possa poi pianificare un percorso che porti a uno stato palestinese, che riconosca Israele e che sia riconosciuto da Israele. Quindi due popoli, due stati. Bisogna allentare la tensione con l’Iran. Insomma, in tutta la regione bisogna impedire che ci sia una escalation”.

Medio Oriente, ma non solo. Il leader di Forza Italia  si è soffermato anche sulla situazione delle carceri italiane, in particolare riguardo alla carcerazione preventiva: “Sono troppi i detenuti che sono in carcerazione preventiva – continua Tajani -, quando poi circa il 50 per cento di chi è in carcerazione preventiva risulta innocente. Quindi bisogna accellerare i tempi e fare in modo che ci siano sempre che ci siano sempre meno detenuti in carcerazione preventiva, ma le carceri siano un luogo dove si espia una pena. Il problema è che la pena inflitta per il nostro ordinamento al condannato è la privazione della libertà. Ma non sta scritto da nessuna parte che il condannato debba vivere in condizioni umanamente non dignitose”