VIAREGGIO - Lunedì i giudici della Corte Suprema hanno presentato le motivazioni della sentenza-bis del 15 gennaio. Si torna in Appello per un "difetto di motivazione" da parte dei giudici fiorentini sull'applicazione al minimo delle attenuanti generiche. Le pene a Firenze potrebbero non essere ridotte.
La Corte di Cassazione ha depositato le motivazioni della sentenza-bis sulla strage di Viareggio dello scorso 15 gennaio. Dopo sei mesi e mezzo di attesa e alla vigilia della chiusura per la pausa estiva, si conoscono finalmente le ragioni che hanno portato alla conferma delle condanne e delle responsabilità civili e penali per i maggiori imputati (tra cui Mauro Moretti condannato a cinque anni) rispedendoli tuttavia per la terza volta in Appello a Firenze per il solo ricalcolo delle pene in base alle attenuanti generiche.
E proprio qui sta l’aspetto più interessante, ad una prima lettura. I giudici della Cassazione hanno ravvisato un difetto di motivazione da parte dei colleghi fiorentini nell’applicare le attenuanti solo di un nono, ovvero in una scala che può arrivare ad un terzo. Hanno di fatto scontato al minimo la pena senza fornire adeguate motivazioni. Dovranno farlo nell’Appello ter: ma ciò non significa – e qui sta la novità – che le pene non possano essere lasciate intatte, piuttosto che ridotte come si pensava fino a ieri.
C’è poi la conferma della responsabilità di Mauro Moretti che – per gli Ermellini – “è sempre rimasta quella di aver determinato o codeterminato, nella sua posizione apicale, la politica aziendale delle società del Gruppo in tema di tracciabilità dei carri esteri. Così incidendo in senso causale sulla verificazione del disastro ferroviario».
Il processo dunque può riprendere. Solo due giorni fa i famigliari delle 32 vittime, esasperati dall’attesa delle motivazioni, avevano scritto a Mattarella e a Meloni per chiedere di intervenire sui tempi morti della giustizia. A settembre, a questo punto, sarà calendarizzata l’udienza in Appello a Firenze. Ne basterà verosimilmente una sola o al massimo due prima del probabile ritorno in Cassazione, per la terza volta, 15 anni dopo quella notte di inferno.