LUCCA - La campagna di indagine scientifica funzionale alle opere di restauro della Santa Croce ha svelato importanti dettagli sulla storia dell'effige, ricostruendo quello che doveva essere l'aspetto originario del Cristo e della Croce.
Vestito di blu e decorato di rosso e oro, l’incarnato più chiaro rispetto ad oggi e ornato di dettagli preziosi. Ecco come appariva originariamente il Volto Santo, secondo quanto ricostruito dalla campagna diagnostica condotta dal comitato scientifico che procederà ora con il restauro vero e proprio dell’effige. L’indagine restituisce altre importanti informazioni sul manufatto, a partire dalla sua datazione, più antica rispetto a quanto riferito dalle testimonianze miniate: sia la croce che il Cristo sarebbero infatti di epoca altomedioevale, databili tra l’VIII e il IX secolo. Altra sorpresa è giunta dall’analisi delle specie legnose della croce, rilevando la presenza di due essenze diverse: castagno per l’asse verticale e cedro per il braccio orizzontale. Mentre il primo era ampiamente diffuso sul continente, il cedro venne trapiantato in Europa, dal Medio Oriente, solo nel XVI secolo. Si tratta quindi di un reperto di importazione, il cui utilizzo fu probabilmente dovuto a una finalità simbolica, nell’intento di confermare la provenienza dalla Terra Santa di quello che era ritenuto il veridico ritratto del Salvatore scolpito dal discepolo Nicodemo. Il corpo del Volto Santo è invece ricavato da un unico grande tronco di noce interamente scavato all’interno dalla testa ai piedi. L’aspetto che siamo abituati a vedere – scuro negli incarnati, nella croce e nella veste – è stato ridipinto più volte nel corso della sua millenaria esistenza, celando la colorazione originaria.
Un’altra acquisizione inaspettata riguarda il tempietto: durante le operazioni preliminari alla movimentazione del Volto Santo, è infatti emersa una parete retrostante, costituita da una struttura muraria a conci lapidei e pitturata. Ben diversa dalle pareti marmoree del Civitali, l’ipotesi è che questa appartenga a una cappella medioevale, già ricordata dai documenti. La sua conservazione nella sistemazione quattrocentesca del venerato Crocifisso si può intendere come la “sacralizzazione” di un elemento che essendo stato a contatto con il Volto Santo era diventato esso stesso preziosa reliquia.