Toscana - Indagine partita da controlli effettuati in Versilia. Una parte dei prodotti in pelletteria contraffatti, venivano fabbricati da società licenziatarie o sub lavoranti delle case di moda titolari dei famosi brands: sotto sequestro 50 mila articoli, 14 gli indagati dalla Guardia di Finanza
Un’inchiesta durata due anni ha portato alla luce un mercato parallelo di borse di griffe prestigiose, in special modo Gucci e Chanel, realizzate da terzisti ufficiali delle case di moda che però realizzavano un surplus della produzione, in gergo chiamato overruns, mettendo in vendita sul mercato nero articoli quasi identici, in materiali e lavorazioni, agli originali.
Sono state le Fiamme gialle del gruppo di Viareggio a dare il via all’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Firenze, a seguito di controlli effettuati all’interno del mercato di Forte dei Marmi. Uno degli indagati infatti era titolare di una licenza di ambulante. Era qua che veniva agganciata la clientela, offrendo sottobanco prodotti in tutto e per tutto simili agli originali ma a costi decisamente inferiori. Basti pensare, a esempio, che una borsa da donna Chanel, modello Boy (medium) venduta nelle boutique ufficiali a circa 6.200 euro, veniva venduta tra i 1.600 e i 2.200 euro.
Da lì le indagini si sono poi ampliate individuando le manifatture in cui venivano realizzati gli articoli, aziende della provincia di Firenze e Prato che lavoravano ufficialmente come terzisti per i marchi contraffatti. Ma il mercato italiano era soltanto una minima parte del giro di affari, dato che i falsi venivano esportati in tutto il mondo, sia in Europa che in America, Asia e Corea.
In tutto sono 14 gli indagati – 10 di nazionalità italiana, 3 cinese e 1 marocchina – per i quali è stato predisposto l’avviso di conclusione delle indagini nel corso delle quali sono stati sequestrati 50.000 articoli di pelletteria falsi, sotto sequestro anche beni per mezzo milione di euro.
Guadagni esorbitanti per gli indagati, dato che, a fronte di un guadagno ufficiale di qualche centinaio di euro a pezzo, questa esportazione parallela fruttava dai 2 ai 3 mila euro per ogni borsa a costo pari a zero, dato che i materiali venivano sottratti dalle forniture ufficiali della casa madre.