Tumore al seno, arriva la campagna “E’ tempo di vita”

Tumore al seno, arriva la campagna “E’ tempo di vita”

Redazione

di Redazione

FIRENZE - Il 29 giugno presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze un incontro tra un team medico multidisciplinare, pazienti e caregivers per parlare insieme di cosa significa gestire una malattia che rivoluziona il vissuto fisico ed emotivo di chi ne soffre e di tutta la sua rete relazionale

Il team multidisciplinare dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze protagonista dell’iniziativa a supporto di pazienti e caregivers. Dar loro strumenti per gestire l’impatto fisico e psicologico della patologia sulle loro vite è l’obiettivo di È tempo di vita”, la campagna nazionale di informazione e sensibilizzazione sul tumore al seno avanzato, promossa da Novartis in collaborazione con Salute Donna Onlus e la Società Italiana di Psico-Oncologia (SIPO), con il patrocinio di Fondazione AIOM.

Quella degli incontri sul territorio è una delle attività più importanti previste dalla campagna, un appuntamento di supporto concreto per dare informazioni utili su come affrontare la vita con il tumore al seno metastatico.

L’appuntamento all’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze è stato preceduto dall’installazione di un totem multimediale presso il quale i pazienti e famigliari hanno potuto rispondere a poche semplici domande sul loro vissuto, esigenze e paure. E hanno potuto lasciare le loro domande, affinché siano spunto di discussione nell’appuntamento di domani.

Sono Rabbia (22%), paura (22%) e frustrazione (15%) le principali emozioni che emergono dai contributi diretti delle pazienti, che evidenziano come la malattia impatti anche sull’aspetto psicologico: il 17% ha infatti risposto che auspicherebbe una maggiore comprensione da parte dei loro famigliari, e ben il 30% vorrebbe imparare a gestire le proprie relazioni interpersonali o le proprie emozioni negative. Dalle risposte delle pazienti emerge anche la necessità da parte delle pazienti di ricevere informazioni su come condurre al meglio il percorso di cura (33%) non solo dal punto di vista psicologico, ma anche su aspetti come l’alimentazione, gli effetti indesiderati o i propri diritti. Recarsi in ospedale per le periodiche visite di controllo (60%) e svolgere le quotidiane faccende domestiche (20%) risultano invece essere le cose più pesanti da affrontare nella vita di tutti i giorni.

La sfera emotiva e la condizione psicologica (28%) sono gli aspetti più rilevanti emersi anche dalle risposte dei caregiver, nei quali convivono sentimenti contrastanti come rabbia (46%) e determinazione (30%). Circa il 46% dei caregiver inoltre ritiene che sarebbe utile per loro ricevere indicazioni su come gestire il proprio comportamento con una propria parente o amica con il tumore al seno avanzato, e circa il 19% vorrebbe imparare a conoscere gli strumenti più adatti per instaurare con esse un dialogo. Circa il 66% invece vorrebbe ricevere consigli su come gestire la relazione con una persona colpita dalla malattia. L’aspetto psicologico emerge in maniera evidente anche dalla necessità dei caregiver di condividere la loro esperienza con altre persone che li possano capire (46%) e dal desiderio di poter approfondire tematiche relative alla patologia con più tempo a disposizione (28%).

“Il nostro centro ha fortemente voluto questa iniziativa perché momenti come questo sono importanti per i pazienti e per chi gli sta intorno. È sempre più importante fornire loro gli strumenti per gestire il percorso di cura e di assistenza considerando che fortunatamente molti di questi pazienti hanno oggi una lunga aspettativa di vita costantemente condivisa con le cure oncologiche ormai somministrate in modalità continuativa – ha dichiarato il Prof. Lorenzo Livi, Direttore del reparto di Radioterapia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze – Oltre alle esperienze all’interno dei reparti, il sistema sanitario e sociale deve considerare la vita di questi malati cronici proiettata nella vita quotidiana. Oltre al paziente oggi si deve considerare il caregiver che aiuta senza soluzione di continuità e spesso senza nessun supporto, il proprio familiare”.

I dati relativi al nostro paese indicano che 1 donna su 8 in Italia si ammala di tumore al seno nel corso della sua vita.[1] Tra le patologie oncologiche è la più diffusa tra il genere femminile, con circa 50.000 nuovi casi ogni anno in Italia[2], e con un trend di incidenza in leggera ascesa (+0,9%)[3]. Di questi casi il 30% è destinato a progredire e a evolversi in tumore avanzato[4]. Il tumore al seno si definisce avanzato quando cellule provenienti dal tumore primitivo, inizialmente localizzato alla mammella, si sono diffuse in altre parti rispetto al punto d’origine. Complessivamente, si stima che siano circa 30.000 le pazienti malate di tumore al seno avanzato in Italia.

Il tempo delle pazienti aumenta sia come quantità sia come qualità. Sebbene, infatti, non si possa parlare di guarigione, grazie ai progressi della ricerca scientifica oggi è sempre più possibile avvicinarsi alla cronicizzazione del tumore al seno avanzato. Negli ultimi dieci anni i miglioramenti sono stati rilevanti grazie all’introduzione di nuove molecole efficaci, che stanno portando a un controllo sempre maggiore della fase definita ‘sopravvivenza libera da progressione’, che va via via prolungandosi. Non solo, grazie alla possibilità di prevedere fasi di trattamento “più soft”, a bassa tossicità, le pazienti oggi possono condurre una vita attiva e vicina il più possibile alla normalità. Si sono aperte anche nuove prospettive di cura: grazie ad esempio a una nuova classe di farmaci, gli inibitori delle chinasi ciclina-dipendenti (CDK) 4/6 anche per le pazienti con patologia mammaria HR+/HER2- . Questi farmaci, impiegati in aggiunta alla terapia ormonale nelle donne con tumore al seno avanzato HR+/HER2-, hanno dimostrato di migliorare i risultati ottenuti con la sola terapia ormonale e di prolungare la sopravvivenza libera da progressione. Ecco perché diventa sempre più importante dar loro tutti gli strumenti possibili perché il tempo della malattia sia davvero tempo di vita.

La campagna

Oltre al programma di incontri sul territorio nazionale, la campagna mette in campo una serie di strumenti concreti a supporto di pazienti e caregiver: il sito web www.tempodivita.it, uno spazio pensato per offrire informazioni chiare sulla patologia e per fornire strumenti pratici e utili per la sua gestione e comprensione. Un decalogo sugli aspetti psicologici della patologia, un vero e proprio vademecum, messo a punto dalla Società Italiana di Psico-Oncologia e che è parte di una collana dedicata al tumore al seno avanzato che approfondisce diversi aspetti: la patologia, l’alimentazione, i diritti delle pazienti, gli effetti indesiderati delle terapie antitumorali orali. Sono state inoltre realizzate delle video pillole, brevi filmati disponibili su sito, che forniscono elementi utili per comprendere quali comportamenti mettere in atto per evitare l’isolamento della paziente.

“Abbiamo scelto di supportare la campagna – ha dichiarato Anna Maria Mancuso, Presidente di Salute Donna Onlus – innanzitutto perché, nonostante oggi si possa fare molto anche per il tumore al seno avanzato, se ne parla ancora molto poco; ci ha spinto il desiderio di non lasciare sole le donne che rientrano in questa categoria nella gestione della malattia. Nella nostra lunga esperienza associativa riscontriamo nei racconti e nel vissuto delle pazienti la solitudine, la poca attenzione a loro dedicata, la paura nell’affrontare il quotidiano. Le donne che convivono con il tumore al seno avanzato e i caregiver che stanno loro vicino chiedono, tra le altre cose, di avere più tempo per fare domande, avere informazioni e consigli, avere anche un supporto psicologico, non sempre presente all’interno delle strutture ospedaliere. Ecco perché iniziative come quella che vede insieme qui l’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi di Firenze, pazienti, medici e caregiver sono supporti concreti assolutamente preziosi per chi si sente quasi sempre solo e impreparato. Così come è fondamentale richiamare l’importanza di avere a livello istituzionale un PDTA regionale per le donne metastatiche, al fine di tracciare per le stesse un percorso che sia chiaro e condiviso, un percorso che non ultimo potrebbe essere tracciato all’interno delle breast unit, ampliando agli specialisti che si occupano di malattia avanzata della mammella.”